Fabio Capello

Fabio Capello, l'ambasciatore di Laureus parla a tutto campo dell'emergenza Coronavirus

«Anche se, nostro malgrado, siamo abituati alle tragedie come il terrorismo, gli incidenti aerei e i disastri naturali, non penso che nessuno di noi potesse prevedere questa pandemia. Ciò che è più frustrante è che non possiamo vedere questo nemico. È là fuori, ci attacca, ma possiamo difenderci solo in modo indiretto.

Per 54 anni ho vissuto nel mondo nel calcio, come giocatore e allenatore. Un mondo in cui ho potuto sperimentare la gioia, la felicità e la tristezza, ma niente ti può preparare allo shock del Coronavirus.

La malattia e la paura che possa accedere il peggio stanno cambiando le nostre vite. L’Italia è stata gravemente colpita e questo mi rende molto triste. Ho allenato anche il Real Madrid, e anche la Spagna è stata una vittima di questa pandemia. Così come l’Inghilterra. Sono molto vicino a questi Paesi e anche alla Russia, di cui sono stato c.t.

Questa volta abbiamo bisogno di essere uniti ed è importante che uno sport popolare come il calcio sia da esempio. Sono stato felice di vedere come l’AS Roma, uno dei club in cui ho giocato e allenato, tramite “Roma Cares” abbia consegnato pacchi con beni di prima necessità ai suoi tifosi più anziani, quelli più a rischio contagio.

Alessandro Del Piero, membro dell’Academy di Laureus, sta raccogliendo fondi per la Croce Rossa italiana e sta pianificando di riunire la Nazionale Campione del Mondo nel 2006 per raccogliere fondi.


Ryan Giggs, un altro membro dell’Academy di Laureus, manager del Galles, ha offerto gratuitamente, a Manchester, le stanze dell’albergo di sua proprietà agli operatori sanitari.

Questi sono solo alcuni esempi di come giocatori e squadre si siano attivati mostrando che lo sport è davvero coinvolto nel momento che stiamo vivendo. Ma il calcio sta facendo abbastanza?

In molti Paesi è in atto un ampio dibattito se i giocatori di calcio debbano essere d’accordo sulla riduzione dei loro stipendi. Non sono sicuro sul taglio degli stipendi, poiché è una materia che coinvolge i club, ma credo fermamente che i top player, che guadagnano tanti soldi, debbano essere consapevoli di quanto siano fortunati e in questo momento terribile debbano dare supporto alle persone in difficoltà nelle loro comunità. Non parlo solo di soldi, ma di donare tempo approfittando del loro status di campioni. I giocatori devono essere membri attivi della società.

Sono le comunità locali, che fanno vivere le squadre di calcio e pagano gli abbonamenti televisivi, a rendere lo sport così redditizio e i giocatori così ricchi. I pacchi con beni di prima necessità, distribuiti da “Roma Cares”, mostrano come con poco si possa fare tanto. Dare soldi agli enti di beneficenza locali o dare supporto agli operatori sanitari può fare la differenza. Atti di gentilezza in tutto il mondo stanno aiutando le persone ad adattarsi al nuovo mondo in cui vivono.

Per 20 anni la Fondazione Laureus Sport for Good si è impegnata a unire le persone, creando ponti tra le comunità e le persone. In particolare, in Italia, in cui la Fondazione è attiva nelle periferie di Milano, Torino, Genova, Roma e Napoli, neanche durante questa emergenza il lavoro di squadra di educatori, maestri e allenatori e psicologi dello sport si è arrestato, in modo da raggiungere anche i bambini più distanti, sprovvisti di una connessione Internet, e quelli più in difficoltà, che vivono situazioni familiari di forte disagio. Anche per questo motivo invito tutti a sostenere Laureus e tutte le realtà che collaborano con la Fondazione nei territori più a rischio».



27/04/2020